Neonato muore dopo il parto, alla mamma viene dato il congedo al lavoro, al papà no: «Per il mio capo non devo soffrire perché uomo, mi ha licenziato»

La moglie attacca: «Vogliamo che la situazione cambi e anche al più presto»

Neonato muore dopo il parto, alla mamma viene dato il congedo al lavoro, al papà no: «Per il mio capo non devo soffrire perché uomo, mi ha licenziato»

di Redazione Web

Il piccolo di Laura Hicklin e Dale Barker è venuto a mancare lo scorso 13 novembre, dopo tre settimane di agonia passate in ospedale. Da allora, la vita della coppia non è stata più la stessa. Per continuare a ricordare il loro "piccolo eroe", di nome Toby, Laura e Dale hanno tempestato casa delle sue fotografie. Subito dopo aver varcato la porta di casa, si possono vedere cornici contenenti scatti del bambino in incubatrice e di lui in braccio alla sua mamma e al suo papà.

Una morte che ha provocato un grande vuoto all'interno della loro famiglia, difficile da colmare con delle semplici fotografie. Un periodo che è stato reso ancora più difficile dai datori di lavoro di Dale Barker, che non gli hanno permesso di stare accanto alla moglie durante il periodo di lutto, insistendo affinché lui tornasse a lavorare.

Cosa è successo

Laura e Dale hanno già due figli, due bambini di 6 e 8 anni, avuti dalle loro relazioni precedenti. Si sono incontrati per la prima volta nel 2020 e tra loro è subito sbocciato l'amore, che li ha portati a creare una nuova famiglia. I loro due bambini non vedevano l'ora di abbracciare il loro nuovo fratellino, Toby, che però non hanno avuto la fortuna di conoscere.

Laura ha passato una gravidanza tranquilla e in buona salute, fino a quando nelle ultime settimane prima del parto i medici le dissero che Toby soffriva di un difetto cardiaco per il quale, forse, non ce l'avrebbe fatta. La donna ha deciso comunque di portare a termine la gravidanza, dando alla luce il piccolo Toby a ottobre. Dopo tre settimane in incubatrice, lottando tra la vita e la morte, però il neonato non ce l'ha fatta. È morto tra le braccia del papà, mentre quest'ultimo, però, continuava a ricevere telefonate dal lavoro.

Dale, infatti, ha sempre visto il cellulare squillare da quando suo figlio è nato.

E le telefonate non erano per congratularsi o per esprimere cordoglio, bensì erano i suoi colleghi e capi che gli chiedevano quando sarebbe tornato in ufficio. Nonostante i permessi chiesti al lavoro, comunque i loro superiori non gli hanno voluto dare ulteriori giorni dopo le due settimane di congedo parentale. Le sue assenze sono apparse ingiustificate e, di conseguenza, è stato licenziato.

«Vogliamo che la legge cambi»

Mentre sua moglie Laura poteva usufruire delle 52 settimane di congedo di maternità legale retribuite, Dale continuava invece a essere richiesto a lavoro. «Non avevo ancora seppellito mio figlio e dal lavoro continuavano a chiamarmi - ha dichiarato Dale al The Mirror, che ha raccolto la denuncia della coppia -. Non volevo lasciare Laura da sola, era in uno stato vulnerabile e io avrei dovuto affrontare turni di 12 ore. La priorità, in quel momento, era Toby e loro non sono riusciti a farmelo salutare in santa pace. Secondo loro non dovevo soffrire perché sono un uomo, è ingiusto».

In quelle settimane anche i medici sono intervenuti per aiutare il neo papà, inviando una lettera all'azienda per spiegargli la situazione. Le telefonate sono state interrotte fino al giorno del funerale, ma il giorno dopo il telefono è tornato a squillare. Dale ha deciso di attaccare, pensando che avrebbero capito la difficoltà della sua famiglia, ma poi ha fatto una brutta scoperta. Andando a controllare il conto, infatti, ha notato che gli era stato bloccato lo stipendio e, quando ha chiamato in ufficio per chiedere spiegazioni, ha scoperto di essere stato licenziato.

«Non è giusto che mio marito sia stato trattato in questo modo - ha dichiarato Laura -. Anche gli uomini soffrono la perdita del proprio figlio, non è una sofferenza soltanto per le donne. Per quanto mi riguarda, ho sofferto di attacchi di panico dopo la morte di Toby e so che, senza Dale, non ce l'avrei fatta. Molte aziende stanno permettendo anche agli uomini di rimanere accanto alle proprie compagne, offrendo più di due settimane di congedo retribuite. Perché queste condizioni non possono diventare legge? Vogliamo che la situazione cambi e anche al più presto».


Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Maggio 2024, 15:09
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