LEGGI ANCHE ----> Il giudice: «Il piccolo torni a casa»
Nessuna terapia. Ad oggi non esistono terapie che possano migliorare lo stato dei malati e l'esordio della patologia, rara ed ereditaria, si ha generalmente nell'infanzia. Nel caso di Alfie, sottolinea Dallapiccola, «sulla base delle informazioni che abbiamo, il danno cerebrale è irreversibile ma è impossibile dire quanto il bambino potrà vivere. Per questo siamo convinti che l'obiettivo non possa essere quello di staccare la spina, bensì debba essere quello di accompagnare il piccolo in quella che sarà l'inevitabile evoluzione della patologia, garantendogli però nutrizione, idratazione e assenza di sofferenza».
Questo significa, chiarisce l'esperto, che «gli interventi che potrebbero essere messi in atto, se Alfie fosse trasferito al Bambino Gesù, non potrebbero guarire il piccolo ma sicuramente potrebbero garantirgli una migliore condizione».
I medici dell'Ospedale della Santa Sede si erano già recati a Liverpool nei mesi scorsi per effettuare una consulenza relativa alle condizioni di Alfie. Secondo i medici italiani, conferma il direttore scientifico del Bambino Gesù, sarebbe dunque possibile, pur considerando l'irreversibilità della patologia, proseguire un iter diagnostico ed è stato da loro proposto un piano terapeutico che potrebbe prevedere una tracheostomia (a supporto della funzione di ventilazione-respirazione) ed una gastrostomia endoscopica percutanea, detta anche PEG (per un supporto alimentare tramite nutrizione enterale).
Ultimo aggiornamento: Martedì 24 Aprile 2018, 21:12
© RIPRODUZIONE RISERVATA