È stato proprio Arum, promoter di grandi campioni come Muhammad Ali e organizzatore di eventi memorabili, a notare Vianello e a proporgli di passare professionista negli Usa, nella sua società Top Rank di Las Vegas. «Potevo mai rifiutare? Ho lasciato tutto e sono volato a ottobre negli Usa; torno e mi trasferisco a fine mese, mi allenerò a Big Bear Lake, in alta quota, il luogo perfetto per concentrarsi e pensare solo alla boxe, non lontano da Los Angeles. Sono stato già sparring del grande Tyson Fury che a dicembre prova a riprendersi il Mondiale dei pesi massimi contro l'americano Wilder. Sto vivendo un sogno». E Vianello quando esordisce? «A dicembre anche io, in un match sulle sei riprese con avversario da decidere; il primo da professionista, nei pesi massimi».
La storia di Vianello ricorda inevitabilmente un po' quella della speranza bianca, il Rocky Balboa dei film di successo del pugile italo-americano con Silvester Stallone, e un po' quella dei nostri azzurri del passato che si sono fatti spazio tra i giganti Usa, come Damiani, Vidoz, Righetti, Canè, Ros.
Torna di moda la favola dello stallone italiano che piace tanto agli americani. «Io penso alla boxe, combatterò tanto per crescere e nel 2019 Arum mi ha promesso un match dei pesi massimi proprio a Roma, nella mia città. Io spero di essere pronto, in tre-cinque anni, per un grande match europeo o, magari, proprio per il Mondiale». Nessun rimpianto per il gigante Vianello, neanche per una medaglia olimpica che sfuma? «L'avventura dei professionisti è più grande, ho cambiato via, il futuro ora è solo nelle mie mani». Nei suoi pugni di stallone romano.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 8 Novembre 2018, 10:51
© RIPRODUZIONE RISERVATA