Un Messi a ideare quasi da fermo, dapprima, contro un Ronaldo a propugnare la verticalità che vuole Zidane. E un Real ancora una volta – trend stagionale – bravo nel creare ma non nel concretizzare: vedi l’ennesimo traversone, di Marcelo, e il colpo di testa del generalmente macchinoso Benzema (bruciato Vermaelen, in certi versanti il lato debole della retroguardia guidata dall’ottimo Piqué) a infrangersi sul palo. Il Clásico, allora, si è stappato quando, alla lunga, l’equilibrio mentale del Barcellona è prevalso sulla fame istintiva del Real, costretto dalla classifica a forzare la mano per vincere. Perfetto Busquets, sull’1-0, aprendo il campo per Rakitic: contropiede immediato, Kovacic che si scansa, palla larga per Sergi Roberto e di nuovo dentro per Suarez, al decimo gol in Liga. Era il nervosismo, lì, a impadronirsi del Real, vedi Sergio Ramos – da rosso il suo colpo su Suarez – e la chance immediata per il raddoppio concessa ancora a Suarez. Di fatto, tra l’1-0 e il raddoppio del Barcellona sono passati appena 10’. Il tempo necessario per rompere nuovamente le linee centrali, con Messi a imbucare per Suarez, due volte, e sul palo di quest’ultimo la «parata» di Carvajal per fermare Paulinho: rosso al terzino di Zidane, rigore trasformato da Messi e partita in ghiaccio. Il Clásico, di fatto, è finito in quel punto preciso, con mezzora scarsa ancora da giocare. Dentro Bale e Asensio, ma Barca (miglior difesa della Liga, solo 7 gol subìti) protetto da un Ter Stegen sempre più invalicabile e alimentato da un Messi chirurgico nelle sue tante piccole cose preziose: tipo l’assist per il 3-0 di Vidal. Più che un Clásico, è stata una sentenza.La Liga prende la direzione del Barcellona. Che pesca la sua 93esima vittoria nel derby di Spagna (95 quelle del Real). E spiega al mondo, usando il linguaggio semplice del suo calcio intelligente, perché dalla Supercoppa estiva in poi (vinse proprio il Real) non ha più perso una partita.
Ultimo aggiornamento: Sabato 23 Dicembre 2017, 19:02
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